Per riuscire a mettere in atto le tattiche di guerrilla marketing è indispensabile essere abili a costruire azioni/notizie originali in grado di ingannare le agenzie di stampa e, soprattutto, capaci di stimolare un forte interesse nei confronti del pubblico.
Quest’ultimo, inconsapevolmente, si rende protagonista di un attivo passaparola che, autoalimentandosi, contribuisce notevolmente alla diffusione dell’informazione.
La tecnica in questione, nota come bufala, ha un effetto-boomerang direttamente proporzionale alla dimensione dell’azione stessa.
La vera vittima della bufala, prima ancora dell’utente finale, è il giornalista che la dà.
Nel mondo della comunicazione la fretta e la spietata concorrenza dei media giocano un ruolo molto importante. Infatti, una notizia finta se costruita bene può apparire talmente credibile da far ritenere superflua la verifica delle fonti, inducendo i giornalisti a pubblicarla proprio come fosse accaduta veramente. Inoltre, se i media tradizionali, (stampa, radio, tv) decidono di far circolare una notizia falsa, perché il pubblico non ci dovrebbe credere?
Le notizie false confezionate con lo stesso linguaggio e trasmesse allo stesso modo di quelle reali, diventano indistinguibili agli occhi di chi le riceve.
Mediante i cosiddetti “redazionali”, ad esempio, è possibile comunicare notizie “positive” su un prodotto, o “negative” sui suoi concorrenti. Le bufale di questo tipo sono quelle che hanno più possibilità di farla franca e, come molte leggende, sono oggi considerate elementi essenziali del marketing occulto.
Un esempio di guerrilla marketing particolarmente originale è rivolto alle catene della grande distribuzione, agli ipermercati, alle imprese della ristorazione, alle aziende di trasporto, ai piccoli retailer. Si tratta di un’occasione unica per far conoscere la propria insegna su tutto il territorio nazionale: una “spesa proletaria organizzata”. Un gruppo di operatori specializzato viene inviato sul punto vendita per sottrarre merci. Questa azione eclatante di sicuro impatto garantisce la visibilità del marchio sulle principali testate giornalistiche.
Un altro esempio degno originalità del messaggio e del mezzo usato è quello ideato a Boston, durante le feste natalizie, da Clear Channel Taxi Media per Starbucks. Un bicchiere di cartone rosso dimenticato sul tetto di un taxi ha attirato l’attenzione di automobilisti e passanti, creando rumore attorno al marchio. Gli unici a lamentarsi sono stati i cento tassisti che avevano il bicchiere fissato magneticamente sul tettuccio della loro autovettura: a loro gli automobilisti non smettevano di far notare a suon di clacson la presunta dimenticanza.
La Nike Italia, invece, ha lanciato in rete, attraverso un blog, gli skyplayer: un gruppo di appassionati che si intrufola sui tetti della città di Roma per improvvisate partite di calcetto. Il baffo della Nike compare discretamente sull’abbigliamento e sul pallone da gioco, anche se il sito non lascia dubbi circa la sua vocazione commerciale.
Nel progettare a tavolino una bufala da dare in pasto all’opinione pubblica bisogna sapere che nel caso si venisse scoperti, oltre a perdere credibilità, si corre il rischio di andare incontro a conseguenze piuttosto pesanti sul piano giuridico (dalle eventuali pene pecuniarie connesse a un risarcimento, fino alla condanna penale), senza contare il gravissimo danno d’immagine.
C’è un giorno dell’anno in cui pubblicare bufale non è assolutamente pericoloso: il primo aprile. Il giorno dopo lo stesso giornale, smentendo la propria bufala, può addirittura vantarsene, riportando le reazioni di quanti ci hanno creduto.
[Stefania Giuseppetti per AZ Franchising]