Con la consapevolezza che il racconto, da sempre, costituisce l’elemento di unione di una comunità e la sua forza prorompente ha attraversato i secoli fino ad approdare nel mondo digitale, l’antica arte del narrare si trasferisce nel marketing e “raccontarsi” diventa il modo migliore per stimolare l’esperienza di acquisto.
Citando Thierry Libaert – specialista francese leader nella comunicazione organizzativa ed ex professore di Comunicazione organizzativa all’Università cattolica di Lovanio – “prima di essere una tecnica di comunicazione, i racconti sono parte integrante della vita quotidiana di ogni impresa, che si tratti di grandi miti fondatori, (…) di racconti quotidiani che costituiscono la vita sociale dei lavoratori, o dei racconti di finzione in cui l’impresa si mette in scena”.
Risulta allora chiaro che la narrazione non è soltanto una questione di letteratura: saperla utilizzare come mezzo di comunicazione efficace apre le porte a nuove possibilità di costruire significati e raggiungere fette di lettori, o di pubblico più ampie.
Infatti, spesso si sente dire che le persone non acquistano solo prodotti ma storie. Allora i brand hanno cominciato a parlare attraverso il racconto di una storia, per agire sul piano emotivo, sedurre e convincere un pubblico a compiere un’azione che, altrimenti, non avrebbe mai fatto.
“Lo storytelling management è una disciplina ampia e articolata che, basandosi sui principi della narrazione applicata all’impresa, genera un vasto assortimento di strumenti, cartacei, digitali e relazionali che possono essere applicati a diverse aree o funzioni aziendali, come per esempio: principi strategici; brand management; comunicazione integrata; advertising; formazione; product design” [“L’impresa nell’era digitale: Tecnologie informatiche e rivoluzione digitale al servizio dell’impresa” di Gianpaolo Neri].
Ogni azienda, con i suoi prodotti e servizi, è una “storia” unica ed irrepetibile, capace di distinguersi e di creare vantaggio rispetto ai competitors. C’è chi la descrive in un video, chi lo fa attraverso il sito ufficiale del brand e chi la mostra nel packaging del prodotto. In ogni caso l’obiettivo è suscitare emozioni. Ma nello scenario attuale saturo di messaggi, le aziende smettono di raccontare le storie per passare ai fatti. Dal dire al fare, lo storytelling lascia spazio allo storydoing: il racconto dell’azienda, dei suoi valori e dei suoi prodotti attraverso i fatti della vita reale del consumatore.
Se lo storytelling racconta, lo storydoing crea e le storie che si fanno. Queste, a differenza di quelle che si raccontano, hanno la straordinaria capacità di instaurare legami di fedeltà molto solidi e duraturi. Lo storydoing diventa un ponte concreto tra l’azienda e il consumatore, mezzo di promozione diretto che, con la narrazione della sua esperienza, contribuisce a fare la storia dell’impresa.
Il desiderio di auto-narrarsi è già insito negli utenti ma i social network e i canali web in generale, con l’ampia visibilità che hanno, sono gli strumenti ideali per favorire tale strategia e per coinvolgere le community in esperienze partecipative.
AirBNB, Amazon, Apple, Waze, WhatsApp, Microsoft, Netflix e Uber sono tutte aziende che, offrendo esperienze di consumo rilevanti, hanno compreso le esigenze di mercato e così hanno conquistato il cuore dei clienti. E con loro hanno fatto storia.
Creare una strategia significa semplicemente fare delle scelte e la bussola che le guida è il cliente.
L’uomo vive di storie sin da piccolo e il bisogno di inserirsi all’interno di format narrativi è qualcosa che nasce naturale: non è più solo al centro delle strategie di marketing ma diventa ambasciatore della marca e protagonista consapevole delle proprie scelte quotidiane, contribuendo alla notorietà e al successo di un brand.
Ed è così che il ConsumAutore partecipa al marketing collaborativo, una revisione moderna del passaparola.
[Stefania Giuseppetti per AZ Franchising]