La comunicazione sociale ha lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica su problematiche di carattere morale e civile riguardanti l’intera comunità.
La difficoltà maggiore connessa alla comunicazione sociale deriva dal dover agire su atteggiamenti e pratiche che chiamano in causa valori ben più profondi rispetto a quelli che riguardano l’ambito dei consumi. Ci si deve occupare di opinioni, di criteri di giudizio e comportamenti che riguardano l’identità stessa dell’individuo. La comunicazione “fornisce nell’interesse collettivo, un’informazione imparziale, su tematiche di interesse collettivo” (Giovanna Gadotti, a cura di, “La comunicazione sociale. Soggetti, strumenti e linguaggi”, Arcipelago Edizioni, Milano, 2001).
La grande opportunità della comunicazione sociale, infatti, è quella di informare, educare, sensibilizzare il pubblico nel suo interesse, e di produrre cambiamenti sociali. Un obiettivo ambizioso, perché, mentre i benefici risultanti dall’acquisto di beni di consumo sono destinati al singolo consumatore, i benefici dell’adozione di un “prodotto sociale” sono da condividere con tutta la società. Nel 1979 Rothschild – pioniere del marketing “sociale” che definisce con l’espressione “non business” – si chiese “perché fosse così difficile vendere la fratellanza come sapone” [“Marketing Communications in Non Business Situations or Why it’s So Hard To Sell Brotherhood Like Soap”, in “Journal of Marketing”, n. 43].
La comunicazione sociale si propone di affrontare questioni di interesse generale, di influenzare i comportamenti degli individui, modificando opinioni, criteri di giudizio o comportamenti per apportare benessere alla collettività. Una responsabilità che l’impresa, se pure orientata al profitto, si assume nei confronti dell’ambito in cui opera, legando il proprio nome a nuove logiche di sviluppo che si riflettono sulla società. Un comportamento e un impegno puramente volontario che va oltre gli obblighi e gli adempimenti legislativi che l’impresa stessa è tenuta a rispettare.
Sono validi esempi le campagne contro la droga, l’AIDS, il fumo, il razzismo, o a favore della parità uomo-donna. Lo scopo principale della comunicazione sociale, su tali temi e questioni, è sollecitare l’opinione pubblica ad esprimere una valutazione, ad attivare pratiche adeguate e ad assumere atteggiamenti e comportamenti collaborativi.Tra i precursori, che in fatto di pubblicità hanno fatto riflettere su comportamenti e temi sociali, c’è sicuramente Oliviero Toscani. Per la Benetton ha realizzato immagini che, al di là di precisi obbiettivi di mercato, affrontano problematiche sociali mai toccate prima di allora dal mondo della pubblicità commerciale. I suoi scatti hanno interpretato il tema del razzismo, dell’ecologia, del sesso, dell’Aids. I suoi scatti, attraverso un linguaggio scioccante e spietato, hanno fatto riflettere su temi spesso scottanti e difficili: hanno puntato al sovvertimento degli stereotipi attraverso una nuova interpretazione della “differenza”. Quella “differenza” che oggi è diventata valore.
Se nel passato il diverso, proprio perché sconosciuto, era qualcosa che faceva paura e quindi da evitare, oggi è qualcosa da esaltare, perché sinonimo di apertura mentale, di conoscenza, di progresso.
Quindi, parliamo di cambiamenti verso un ‘miglioramento’ della qualità della vita, verso un evoluzione del progresso civile, con il consenso e la collaborazione degli stessi individui.
Si pensi alle campagne nelle quali aziende orientate al profitto associano il proprio marchio a tematiche di rilevanza sociale. Sono recenti le campagne di YamamaY [azienda di biancheria intima] o del marchio Coconuda [azienda di abbigliamento alla moda e di tendenza] per combattere la violenza di genere.
Seppure con linguaggi diversi, entrambe le aziende puntano su uno dei temi maggiormente sentiti nel dibattito pubblico, per farsi percepire accanto a chi sceglie il proprio brand. La lotta alla violenza sulle donne, è il leitmotiv che le qualifica come aziende etiche e attente al sociale. Superare i preconcetti e gli stereotipi, riconoscendo i comportamenti discriminatori significa iniziare a considerare in modo nuovo la diversità di genere e rappresenta il primo passo per un rapporto più paritario… [Pubblicità Progresso].
Le donne sono loro clienti e, in un mercato fortemente standardizzato in cui i prodotti difficilmente i distinguono oggettivamente l’uno dall’altro, queste sono più propense ad acquistare l’immagine che il prodotto trasmette, piuttosto che il prodotto in quanto tale.
Ciò dimostra quanto sia importante per l’impresa stessa tener conto dell’opinione pubblica, capire che la sensibilità “sociale” comprende anche quella dei consumatori e, quindi, influisce sulle scelte d’acquisto.
Un’impresa che si assume delle responsabilità sociali, può favorire il cambiamento positivo di atteggiamenti collettivi e, addirittura, anticipando l’intervento dello Stato o facendo fronte a quelle esigenze sulle quali il governo fa fatica ad avvicinarsi, può diventare autrice di una società migliore.
[Stefania Giuseppetti e Francesco Paolo Mancini per AZ Franchising]