Generazione Z: i clienti del futuro


Di fronte ai cambiamenti demografici che impattano sul mercato, il marketing è necessariamente obbligato ad evolversi per offrire valore e soddisfare i bisogni.

Se un tempo erano i brand a influenzare le scelte di consumo, oggi sono i consumatori, o meglio la “Generazione Z”.

Definizione firmata dal sociologo Neil Howe, già scopritore insieme a William Strauss dei “Millennials”, i nuovi consumatori hanno una vita più online che offline: non conoscono il mondo senza internet e non hanno mai usato una linea fissa; non conoscono il nostro nostalgico passato, perché non ha mai fatto parte del loro presente, fatto di conversazioni digitali e di strumenti innovativi che utilizzano in modo spontaneo. Tossicodipendenti dello schermo e con un intervallo di attenzione molto breve, sono il target del futuro.

Conosciuta anche con il nome di Centennial, la Generazione Z rappresenta i nati tra il 1995 e il 2015: 2,9 miliardi di persone al mondo entro il 2020 che, secondo il Financial Times, comporrà il 40% del totale dei consumatori.

“Z” come l’ultima lettera dell’alfabeto, come la fine di un ciclo in cui è fondamentale la riorganizzazione della comunicazione – che deve obbligatoriamente diventare ancora più semplice, rapida, d’impatto e visuale – e la trasformazione della strategia dei mezzi attraverso cui si veicolano i messaggi.

Ogni nuova generazione rappresenta una sfida per chi cerca di raggiungerla commercialmente e parlare con loro significa applicare nuove regole di marketing.

Gli “Zeta”, nati sotto la legge della globalità, non ne vogliono proprio sapere del rapporto puramente mercificato con la marca, anzi, hanno imparato ad aggirarlo.

Non sono più degli spettatori imbambolati, ma dei veri e propri giudici, creatori attivi del contenuto mediatico (User Generated Content).

Consumare è diventato un atto di voto, di giudizio e di esecuzione quando serve.

Secondo una ricerca di Ernst & Young, la Generazione Z apprezza l’autenticità dei brand e cerca contenuti tramite cui possano esprimersi. “Il fattore chiave che differenzia i giovani appartenenti alla ‘Generazione Z’ dai ragazzi che li hanno preceduti, a parte l’età, è un forte elemento di autocoscienza e partecipazione”. Infatti, utilizza i mezzi a propria disposizione per informarsi, promuovendo l’esperienza di pre-acquisto, più di qualsiasi altra generazione.

Più un brand è autentico e riesce a trasmettere e mantenere i propri valori, più ha possibilità di attirare la Generazione Z. Consumatori che, a differenza dei Millennial che li hanno preceduti, non amano nascondersi dietro ai “filtri”, ma preferiscono l’autenticità, la trasparenza e la semplicità: queste le parole per descrivere una strategia apprezzata dai giovani che rientrano in questo nuovo segmento.

Affamati di emozioni e essenzialità nello stesso tempo, immagazzinano solo quello che li attira. Perciò, la marca che vuole lasciare il segno deve essere fonte di piacere e, soprattutto, deve saper attrarre, offrendo strumenti che favoriscono il dialogo e il coinvolgimento. Inoltre, per sopravvivere alla velocità che caratterizza questo contesto, è importante essere capaci di creare messaggi in continua evoluzione. Il tempo che la Generazione Z dedica ai contenuti è minimo, solo 8 secondi, e così la durata di vita del messaggio si accorcia inevitabilmente.

Se nell’era della cultura alfabetica per mantenere visibilità sul mercato bisognava correre, ora, bisogna andare ancora più veloci.

Con questo segnale di modalità diversa di gestione del tempo, si aprono le porte a una grande sfida piena di responsabilità, che cambia le modalità di fruizione dei media, ma che ha delle conseguenze anche sulla vita reale.

E’ interessante l’esempio pionieristico della campagna digitale back-to-school di Converse “Firs Day Feels”, che già nel Luglio 2017, con Millie Bobby Brown, personaggio della serie Netflix “Stranger Things”, è stata protagonista di tantissime gif animate, formato, utilizzato dai più giovani e dall’alta potenzialità virale, in cui il brand appare sullo sfondo come fosse un interprete utile ma non essenziale di un certo stile di vita.

 

[Stefania Giuseppetti per AZ Franchising]